Chiesa non è Sinner e Pellegrini non è un 10, ma Fagioli può diventare il Calhanoglu dell’Italia
Chiesa non corrisponde a Sinner
Chiesa non è peccatore. E sinceramente, non ci va nemmeno vicino. A novembre scorso, Spalletti aveva provato il confronto, dopo la doppietta realizzata dal bravo Federico contro la Macedonia del Nord. L’interessato si era autoschernito: “Devo ancora migliorare”. Accusato di non saper valorizzare il talento azzurro come se fosse una ciocca di capelli color carota, Allegri – come al solito – si era difeso. Con sarcasmo aveva scherzato, anziché mettere il pallone fuori gioco, aveva messo la palla dall’altra parte della rete: “Chiesa gioca a tennis?”. In altre parole: non diceva nulla. O forse intendeva altro.
Parliamone, invece. Perché nel giorno in cui Sinner diventa il numero uno al mondo, Chiesa offre una prestazione da Top 50 d’Europa. Non di più. Jannick è un mostro di costanza e tranquillità. Chiesa è altalenante, distante e persino un po’ misterioso. Poi c’è il talento, ovviamente. Quello del tennista sembra incomparabile con qualsiasi giocatore dell’Italia di Spalletti.
Chiesa è un versatile
Chiesa è un jolly. Quando va bene, pesca una, due, anche tre giocate magiche. E possono diventare uno, due, anche tre gol o assist a partita. Quando invece il jolly si nasconde nel mazzo di carte, Chiesa manda tutto all’aria.
Si spera che all’Europeo il “ragazzo” (ormai quasi ventisettenne) aggiunga alla sue prestazioni quella costanza che non ha mai avuto. Non è una questione di ruolo: che sia ala nel tridente o seconda punta, Federico Chiesa parte sempre dallo stesso giardino e cerca sempre le stesse cose. A volte ci riesce. Altre no. Ed è questa la differenza. Non è l’allenatore e neanche i compagni, con cui ha pochissime interazioni. La sua partita sembra una sfida diretta contro un unico avversario. Ma lui non è Sinner. E il calcio non è un’arena “uno contro uno”.
Con l’elenco dei “non è”, qui si potrebbe continuare con Lorenzo Pellegrini che non è un numero 10. Ma sarebbe ingeneroso e cinico, soprattutto all’indomani della visita dei magnifici numeri 10 della storia italiana: Rivera, Antognoni, Baggio, Totti e Del Piero. Perché anche loro non avevano le stesse caratteristiche. Rivera e Antognoni erano più registi. Baggio era un “nove e mezzo”, secondo la mitica definizione di Gianni Agnelli. Totti e Del Piero erano effettivamente attaccanti. E senza soffermarsi troppo sulla posizione in campo e sugli schemi, tutti i 10 godevano di un talento purtroppo sconosciuto a questa nazionale. Si è visto anche nell’amichevole con la Turchia, dove anche i commenti sono stati ammorbiditi dalla più classica delle scuse, il “pesante lavoro svolto in questi giorni”. Come se invece la Turchia fosse fresca come una rosa…
Chiesa non è Sinner, Pellegrini non è Totti. La preparazione è uguale per tutti. E si potrebbe continuare con altri confronti. Come ad esempio Di Lorenzo che non è più il Di Lorenzo del Napoli dello Scudetto. Meglio evitare critiche e confronti, altrimenti si rischia di far buio a Coverciano. Al debutto europeo contro l’Albania sarà un’altra storia e poi si vedrà. Anche perché si intravede un raggio di sole, almeno a centrocampo. Lì dove Fagioli non è Calhanoglu, ma si avvicina leggermente.