12 marzo 2024: a poche ore dalla rimonta subita contro l’Udinese all’Olimpico (4ª sconfitta consecutiva) la Lazio impone il ritiro punitivo alla squadra, ma lo spogliatoio si ribella. Sarri ha un confronto con i giocatori e capisce che è arrivato il momento per lui di farsi da parte. Inizia così un periodo di caos in casa biancoceleste, che dura di fatto da 90 giorni e non accenna ad interrompersi. Al contrario, la scelta di Baroni come prossimo allenatore, ha spinto i tifosi a decidere di scendere in piazza per protestare contro la società.
DA SARRI A TUDOR –
Per molti in realtà i motivi di tutta questa situazione sono ben più lontani nel tempo.
- L’estate scorsa Sarri, dopo il secondo posto conquistato in campionato, aveva fatto richieste di mercato che la società non ha potuto (o voluto) accontentare.
- Troppo alti i costi per Berardi, Ricci, Zielinski e le altre prime scelte.
- “Avevo chiesto A e B, mi hanno portato X,Y e Z” dichiarerà poi nel corso della stagione il tecnico toscano, per giustificare il rendimento deludente in campionato della Lazio.
- I rinforzi per completare la rosa, non adatta numericamente la stagione precedente alle tre competizioni, arriveranno comunque, ma quasi tutti ad agosto inoltrato e su iniziativa di Lotito (pur avallata dall’allenatore, come piani alternativi).
- L’annata va come va, al netto di qualche acuto tra Champions, derby di Coppa Italia e saltuarie belle prestazioni.
Il malcontento dello spogliatoio si autoalimenta, tra rinnovi di contratto rinviati all’infinito e gestione rivedibile, secondo alcuni, delle rotazioni in campo.
I nodi vengono al pettine tutti insieme. E la società sceglie di affidare la guida della squadra al sergente di ferro, Igor Tudor.
MIGLIORAMENTI –
Dal 10° posto a -1 da Monza, il tecnico croato risolleva la squadra fino al 7° posto finale.
- Una sola sconfitta (nel derby di ritorno) e media intorno ai 2 punti a partita.
- Il miglior rendimento insieme all’Inter. Qualificazione in Europa centrata.
Le residue speranze però di fatto erano tramontate a Monza col 2-2 subito in pieno recupero.
Una partita che aveva intaccato non poco la fiducia dell’ambiente verso le capacità del mister croato.
IL NON PROGETTO –
La piazza si interrogava su quale fosse il reale progetto del club.
A parole, del ds Fabiani e dello stesso presidente Lotito, l’intenzione era quella di aprire un nuovo ciclo con Tudor, rinnovando la rosa in estate vista anche la probabile partenza di diversi big.
- Nei fatti, l’incompatibilità tra le esigenze del mister, i giocatori attuali e quelli che la società stava iniziando a sondare sembrava fin troppo evidente.
- La scelta di un allenatore con dei ben noti trascorsi negativi con uno dei migliori giocatori della squadra era inoltre, per molti, un altro elemento di dubbio sul fatto che non ci fosse in realtà tutta questa chiarezza di idee, al di là delle dichiarazioni di facciata, da parte della dirigenza.
DA TUDOR A BARONI –
L’addio di Kamada è stato il primo segnale.
- La conferma del giapponese era letteralmente la principale richiesta che aveva fatto il tecnico.
- Si era anche esposto pubblicamente. Niente da fare: anche per via del comportamento stesso del calciatore, il club non ha trovato un accordo soddisfacente.
Sono seguiti due vertici di mercato ravvicinati nei quali – parola di Lotito – Tudor ha chiesto di cambiare tra i 5 e gli 8 giocatori. La società gli ha risposto che Guendouzi e Rovella sono incedibili e che non avrebbe potuto soddisfare tutte le richieste.
MOTIVI –
Lotito ha giustificato così la decisione: “Serve uno fuori dai giri dei soliti procuratori. Serve uno che alleni la squadra, che valorizzi i giocatori”.
La dirigenza della Lazio resta infatti convinta che la squadra abbia del potenziale ancora inespresso.