La presenza dell’ex presidente
- Un ex – e probabilmente futuro – capo di stato degli Stati Uniti, diverse modelle di OnlyFans in abiti piuttosto succinti e celebrità sportive, musicali e cinematografiche in ordine sparso. Questo era – in breve – il contesto ‘ambientale’ in cui si è svolto il GP di Miami, che sarà ricordato per la prima vittoria in carriera di Lando Norris ma anche per il disordine – mediatico e non solo – provocato da Donald Trump nel paddock del circuito della Florida. La presenza nel circuito del 45° presidente degli Stati Uniti – che cercherà un secondo mandato dopo aver vinto le elezioni del 2016 e perso quelle del 2020 – aveva già suscitato polemiche nei giorni precedenti alla gara, quando la F1 aveva impedito un tentativo di organizzare una raccolta fondi in suo favore da parte di un suo amico e sostenitore.
Trump, che attualmente è sotto processo a New York per un presunto pagamento illecito nel 2016 all’attrice di film per adulti Stormy Daniels, si è effettivamente presentato in pista poco dopo le 14.00 ora locale, generando una notevole confusione intorno a sé e non mancando di causare anche qualche ‘tensione’ a livello diplomatico. Il candidato Repubblicano alle elezioni del 2024 è stato ospitato nel box McLaren, in presenza del CEO del team, il californiano Zak Brown. La sua apparizione ha diviso il pubblico, sia in pista che sui social, suscitando sia sostenitori che detrattori. La McLaren ha persino dovuto pubblicare un comunicato ufficiale esponendo la propria posizione sulla presenza di Trump nel box.
La dichiarazione di McLaren, la sincerità di Verstappen
- “McLaren è un’organizzazione non politica – si legge nella nota – tuttavia riconosciamo e rispettiamo la carica di Presidente degli Stati Uniti, pertanto quando è stata fatta la richiesta di visitare il nostro garage il giorno della gara abbiamo acconsentito, insieme al presidente della FIA e ai CEO di Liberty Media e Formula 1. Siamo stati onorati che McLaren Racing sia stata scelta come rappresentante della F1: ciò ci ha permesso di mostrare l’ingegneria di livello mondiale che portiamo nello sport automobilistico“. Il riferimento alla F1 e alla FIA non è casuale, dal momento che Greg Maffei, Stefano Domenicali e Mohammed Ben Sulayem hanno tutti accolto Trump nel garage McLaren.