di VALERIO BARRETTA
F1 Messico, le valutazioni dei promossi
1. Carlos Sainz. La Formula 1 è uno sport fatto di numeri e logica, e sebbene le stranezze della vita ci portino spesso ad affrontare l’imprevedibile (come ad esempio 400mila persone che pagano per sostenere Perez), rimane, alla base, uno sport dove prevalgono la razionalità e il senso pratico. Ieri ha brillato un pilota che in questa stagione si è contraddistinto non solo per abilità alla guida (che in troppi non gli riconoscono) ma anche e soprattutto per la sua professionalità, nonostante alcuni ritenessero che Sainz dovesse ormai accettare un 2024 da comprimario. Anche Bottas aveva mostrato segni di orgoglio alla fine del 2021, chiudendo proprio in Messico davanti a Lewis Hamilton, e perché Sainz non dovrebbe? Pensavo invece che lo spagnolo, dopo la firma con la Williams, si sarebbe rattristato. E in effetti ci sono state alcune gare poco brillanti. Ma poi ha reagito da campione, e se la Ferrari ha una grande opportunità tra i costruttori, il merito è anche della sua costanza, nonostante l’uscita di scena di febbraio e le difficoltà nel trovare un altro team. Meritava palcoscenici ben più prestigiosi per il 2025.
2. Kevin Magnussen. Un altro che sorride ora ma piange per l’anno successivo è K-Mag. Cosa farà? WEC? Indy? Beh, io lo immagino anche a fronteggiare Makhachev nei lightweight UFC, ma questo è un altro discorso. Che fine settimana ha tirato fuori dal cilindro: addirittura alla fine si stava avvicinando a Verstappen, possibilità che l’anno scorso appariva realizzabile mediamente al nono Sazerac, ma che ieri era molto più concreta. Signori, mentre la Red Bull faticava a imporsi come terza forza, la Haas si è piazzata come quinta vettura in Messico (complice la sfortuna della RB con Tsunoda, va detto). Un lavoro straordinario di Komatsu, che fin dal primo giorno ha cercato di distaccarsi dalla gestione-Steiner, correndo il rischio di sembrare presuntuoso. Lavora nella discrezione (quante dichiarazioni rilasciate nel 2024? Due? Tre?) e lo fa bene, capitalizzando quel potenziale che chiaramente era presente anche nel 2023.
3. Lewis Hamilton. Il quarto posto è un risultato modesto, per carità. Ma dopo che gli hanno lanciato addosso di tutto (è tornato perfino il “bollito”) per il weekend del Texas, indegno della sua carriera, in Messico è riuscito a superare Russell. Peccato per lui che a vincere sia il pilota da cui soffierà il posto nel 2025. E quindi si ripete il coro di “Non era meglio mantenere Sainz?“, “Hanno sbagliato a prendere Hamilton?“. Tematiche già sentite. Ingaggiare Hamilton non è mai un errore, anche se comporta sacrificare Sainz. Che è un eccellente pilota, ma non un fuoriclasse.
F1 Messico, le valutazioni dei bocciati
1. Aston Martin. Quattrocento presenze in Formula 1 per Alonso e ritiro dopo 15 giri: è come organizzare una festa di compleanno ai bagni dell’autogrill di Montepulciano est. C’è ancora molta strada da percorrere fino al 2026.
2. Oscar Piastri e Sergio Perez. Alti e bassi formatosi tipici della gioventù condannano Icekid (il cui talento naturale è indiscutibile) a passare attraverso weekend di totale oscurità che, peraltro, rischiano di mettere a repentaglio il titolo Costruttori per la McLaren nonostante una vettura di alto livello. Perez, alias il futuro campione del mondo: che dire, un’altra figura misera. Eliminato in Q1 mentre il compagno partiva dalla prima fila, si piazza in griglia a Interlagos, perde il duello con Lawson, distrugge la vettura e si fa pure superare da qualcuno che corre in F1 da poco. Menomale che la Red Bull lo aveva preparato per il GP di casa.
3. I forconari. “Questa è per Austin“, “questa è per l’Austria“, “questa è per il 2021“. Insomma, avete capito il punto. Non riesco a comprendere perché si debba seguire la Formula 1 con un approccio da stadio o se si ritiene che i commissari agiscano in malafede, perché questo è britannico, quell’altro è protetto, eccetera. Verstappen non meritava di essere punito in tutte quelle situazioni in cui ha sganciato freni e volante per allargare il proprio avversario: se è davanti all’ apex, può farlo, così come tutti gli altri. Manovre discutibili? Azioni dure e astute, ma consentite dal regolamento. Se non piacciono, occorre cambiare le regole (e la FIA intende farlo). Per lo stesso motivo, ieri (e sottolineo ieri) Schumaxer non è stato corretto e ha meritatamente ricevuto 20” di penalità per aver infranto il regolamento due volte. La prima non lasciando spazio sull’esterno pur essendo pari al punto di corda, la seconda con un’entrata che avrebbe entusiasmato Nereo Rocco (“Colpisci tutto ciò che si muove: se è il pallone, meglio”) ma sinceramente non può essere accettata nemmeno nei videogiochi di Formula 1, figuriamoci in un GP. Per la seconda volta consecutiva, Verstappen si è disinteressato della gara: poteva arrivare primo o diciannovesimo, l’importante era superare Norris o, quanto meno, danneggiarlo. E ci è riuscito. Con le penalità ha perso quattro punti, è vero, ma ha impedito a Norris di lottare per la vittoria: lui ha “investito” quei quattro punti (in una gara normale non sarebbe andato oltre il quarto posto) per sottrarne sette al rivale. Se la si guarda da questa angolazione, l’ha sfangata ancora una volta. Può continuare così? Sì, perché ora il suo compito può svolgerlo la Ferrari se rimuove vittorie a Norris, tanto il titolo costruttori è andato e Leclerc non rappresenta una minaccia: che giri strani fa la vita in cinque anni, eh?