venerdì, Gennaio 24, 2025

Montoya ricorda: “Mi avevano detto di andare in testa o di schiantarmi. Quando correvo, la gara era una sorta di sessione di qualifica”.

La filosofia estrema di Montoya

Parole sostituite con sinonimi

  • Negli articoli e nei discorsi degli esperti della Formula 1, si trova ora molto spesso il riferimento al ritmo della gara. Questo non è sempre stato così, basta pensare alla Formula 1 degli inizi degli anni 2000. Lo ha discusso Juan Pablo Montoya nell’episodio più recente di Beyond The Grid.

Le dichiarazioni di Montoya

Frasi ristrutturate

  • L’ex pilota di Williams e McLaren ha enfatizzato come abbia dovuto modificare il suo approccio mentale durante il passaggio dalla IndyCar alla F1: “Ricordo quando il mio ingegnere e anche i meccanici mi dicevano nel 2002, durante una competizione serrata, ‘Prendi la pole position o danneggiati’. In altre parole: non ci interessa riparare la vettura, l’importante è conquistare la posizione in pole. Se in mente tua un incidente non ha importanza, di solito non accade, perché non ci pensi“. Questo è quanto ha affermato a Beyond The Grid. “Nel mio periodo, le gare erano come sessioni di qualifica. Ci qualificavamo ad ogni giro“.
  • Il colombiano ha spiegato che nella sua era della Formula 1 non c’era bisogno di ridurre la velocità. Al contrario, dato anche il massimo margine di libertà per i pit stop e le strategie relative al carburante, il pilota doveva concentrarsi semplicemente su spingere al massimo ad ogni giro, quasi come se fosse in una costante sessione di qualifica: “Uno degli aspetti più suggestivi che ho viviuto in F1 è stato quando ho iniziato a fare test con Michelin“, ha continuato. “Venivo dalla IndyCar, dove era necessario gestire in qualche modo le gomme. Così sono andato e mi ricordo di aver realizzato un giro molto forte. E poi è sempre andata meglio, come se fossi costretto a mantenere un ritmo. Si sono arrabbiati con me, dicendomi: “Abbiamo bisogno che tu esegua solo giri simili alla qualifica. Devi consumare le gomme”. Infatti, nella mia prima gara in Australia, mi ricordo di aver avuto Panis davanti a me. E nella mia mente pensavo: avrei dovuto essere in grado di superare Panis. Non c’era nulla contro di lui, è davvero bravo, ha vinto a Monaco, ma volevo superarlo. Eppure si stava allontanando. Così ho iniziato a fare tutti i giri come in qualifica e stavo raggiungendolo ma il motore ha ceduto. Avevamo così poco deterioramento che, man mano che il carburante diminuiva, andavamo sempre più veloci“.
  • Dalla mia prospettiva sulle qualifiche, qualsiasi momento in cui la macchina non rispondeva significava che poteva andare più veloce. Questo era il mio approccio. Mi piaceva rischiare al massimo: a grande velocità, se andavi e la macchina non scivolava, voleva dire che potevi accelerare ancora di più“.

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